Mio padre Luigi Linfozzi. Un artigiano inossidabile
Breve ma intensa ed esemplare storia di Luigi Linfozzi, fabbro abilissimo che lavora a Loro Piceno con passione e generosità.
Luigi Linfozzi a 76 anni lavora ancora come fabbro a Loro Piceno.
Iniziò bambino a 6 anni, garzone da Cesare Cecchi (provetto fabbro del paese, n.d.r.) e fu un privilegio, anche se per arrivare a girare la forgia dovette salire sopra una cassetta. La saldatura allora era a piastra, perché l’elettricità non era ancora diffusa. Il vecchio Cesare fu vero maestro, mentre cattiva maestra fu alle elementari quella che lo mise alla berlina per un grembiule rattoppato, segno evidente di una dignitosa povertà.
Così imparò che per saper insegnare non è sempre indispensabile prendere un diploma.
Vinse la sfida della corsa con i carretti lungo la discesa per il Cimitero utilizzando ruote di legno con diametro ben superiore a quello dei cuscinetti a sfera usati dagli altri concorrenti: un accorgimento intelligente che già dimostrava capacità particolari.
Più grandicello fu apprendista a Mogliano, facendo spesso a piedi la strada che divideva i due paesi, finché il padre, mezzadro, che sempre gli fu guida al Bene, non riuscì a comprargli un biciclo motorizzato di quarta mano.
Subì infortuni su un lavoro non assicurato ed incidenti stradali causati da chi non aveva nemmeno la patente, rimanendo invalido, sempre povero, ma non meno attivo e volenteroso.
Riuscì a mettersi in proprio pur avendo poche lire per comprarsi gli attrezzi, perché Quintabà (Quintabà Baldino, rivenditore di attrezzature per l’agricoltura, n.d.r.), buonanima, intuendo la sua capacità e caparbietà, gli fece un credito illimitato. Diversi macchinari li costruì nel tempo anche da solo e qualcuno gli consigliò di brevettarli, tanto erano ingegnosi.
Gli anni ’60-’70 furono anni buoni per l’agricoltura e per i fabbri ma furono presto inghiottiti dalle colture intensive e dai trattori dei terzisti che soppiantarono le falci da fieno e gli aratri voltaorecchie.
Non ha rimpianti per aver lavorato spesso 25 ore al giorno, e oggi, pur avendo raggiunto una certa agiatezza, continua a vivere nel suo laboratorio dal caratteristico odore, dove regna un disordine ordinato, dove le sue mani callose e il suo volto si sono adeguati col tempo al colore del ferro che lo circonda.
A chi lo cerca per una consulenza o per una riparazione, non la nega e non chiede denaro. Se gli si domanda perché
alla sua età e con i suoi acciacchi fa ancora il fabbro e per di più senza compenso, risponde:
“E’ la riconoscenza e la fiducia degli altri che mi appaga.”
Questa la filosofia di mio padre Luigi Linfozzi, di anni 76, fabbro per la vita, a Loro Piceno.
Romina Linfozzi
(Testimonianza raccolta da Mario Mastrocola)