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La “porta del morto” a Loro Piceno

Facendo una passeggiata nel centro storico di Loro Piceno o magari in un altro borgo medioevale del centro Italia, è possibile scorgere un portale, in cotto, di normali dimensioni con la soglia sul selciato della strada e, accanto allo stesso, una porta alta e stretta, murata, posta più in alto di qualche decina di centimetri dalla sede stradale. Quest’ultima è “la porta del morto”.

Vi erano, pertanto, le porte per i vivi e quelle per i morti. Queste ultime rimanevano murate con mattoni in laterizio, spesso di pessima qualità (forse rotti dalle frequenti aperture ed immediate chiusure) legati tra loro con sabbia; da lì passavano solo i morti, avvolti in un lenzuolo e posti sopra l’anta di una porta (le porte nel medioevo erano spesso costituite da due ante, alte e strette) che fungeva da barella.

I defunti venivano portati via dalla propria abitazione e condotti in chiesa per la cerimonia funebre e la successiva sepoltura nell’edificio religioso; all’interno di quest’ultimo vi era un tombino chiuso da una pietra, che permetteva l’accesso ad un locale dedicato alla tumulazione delle salme. In alternativa esistevano degli spazi attigui alle chiese dove poteva ugualmente avvenire l’inumazione.

A Loro Piceno, all’interno della chiesa di Santa Maria di Piazza vi erano due tombini posti a circa un metro e mezzo dall’ingresso principale e posizionati a circa due metri dai muri perimetrali, mentre nella chiesa di San Francesco vennero fatte sepolture nello spazio di terreno definito “giardinetto” e nella parte coperta del chiostro.

La pratica della sepoltura presso le chiese proseguì per diversi secoli sino al 12 giugno 1804, data della pubblicazione della Legge di Saint Cloud (in francese “Décret Impérial sur les Sépoltures”), emanata da Napoleone. L’Editto raccolse in due corpi legislativi tutte le precedenti e frammentarie norme sui cimiteri in Francia e nei paesi dell’orbita napoleonica, tra cui l’Italia. La legge stabilì che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali. Si voleva così evitare una discriminazioni tra i morti. Questo editto aveva quindi due motivazioni: una igienico-sanitaria e l’altra ideologico-politica. La gestione dei cimiteri esistenti veniva definitivamente assegnata alla pubblica amministrazione, e non più alla Chiesa. Fu inoltre vietata, salvo eccezioni, la sepoltura in luoghi cittadini e all’interno delle chiese.

Da studi effettuati, la pratica della seconda porta risale all’epoca preromana e per la precisione agli Etruschi; infatti nelle loro tombe, a fianco dell’ingresso principale, vi era dipinta o addirittura scolpita, una falsa porta che era un varco accessibile solo agli spiriti delle persone morte, destinati a vagare per sempre nell’oltretomba, un luogo spaventoso e triste, abitato da terribili demoni.

Probabilmente gli Etruschi hanno acquisito questa usanza dall’Antico Egitto o dall’Asia minore.

In ogni caso per le culture antiche la “porta del morto” aveva un duplice significato simbolico in quanto la porta segnava il passaggio dal piano della vita a quello della morte e accennava, non tanto velatamente, al percorso che l’anima doveva fare, ovvero il passaggio da una dimensione fisica ad una spirituale.

Inoltre, tra le miriadi di paure, credenze ed incertezze, che erano proprie delle persone che “abitavano” quei secoli bui per alcuni aspetti, “la porta del morto” era una strada delimitante un confine ben preciso tra il regno della luce e quello delle tenebre. Si credeva che se la salma fosse transitata attraverso la porta principale, la parte più nobile dell’anima, cioè lo spirito, sarebbe rimasto nella casa infestandola per sempre. Inoltre nel Medioevo la Porta veniva murata perché così si sarebbe impedito il ritorno della morte in quella casa. 

Si sa per certo che la “porta del morto”, avendo una fortissima valenza simbolica, veniva oltrepassata anche da chi era “morto” agli occhi di un congiunto per i motivi di tradimento o magari per non aver accettato una decisione presa dai componenti della famiglia.

Anche Santa Chiara d’Assisi, al secolo Chiara Scifi (Assisi 16 luglio 1194 – Assisi 11 agosto 1253), secondo le cronache del tempo, volle volontariamente passare attraverso la “porta del morto” al fine di rimarcare la propria ferma volontà di lasciare definitivamente il proprio status (era figlia del conte Favarone di Offreduccio degli Scifi e di Ortolana Fiumi, entrambi appartenenti ai “boni homines” ovvero alla classe nobile di Assisi) per passare ad una nuova vita dedicata esclusivamente al Signore.

Ecco le “porte del morto” nel nostro paese, giunte sino a noi.

Alcuni storici scettici vantano la “teoria della difesa”, ipotizzano cioè che queste porticine alte e strette venissero usate quotidianamente per accedere all’abitazione, mentre l’altra, la porta grande, avrebbe dato accesso alla bottega o al magazzino. Questi ambienti, si ipotizza, fossero fisicamente separati. Quindi queste porticine alte e strette venivano usate quotidianamente ed ugualmente alla porta a fianco. Tali porte, date le ridotte dimensioni sarebbero state più difendibili in quanto sarebbero state sbarrate dall’interno con più facilità. Secondo tale teoria, nel caso di un attacco nemico, l’assalitore si sarebbe rivolto verso l’abitazione, cioè verso la porta più piccola.

Sorge spontaneo chiedersi: se l’assalitore aveva dei problemi ad entrarvi, soprattutto se armato con un’arma in asta o con una spada, perché avrebbe assaltato la porta più piccola?

Inoltre se tali piccole porte erano più difendibili dall’interno in quanto si riusciva a sbarrarle meglio perché le avrebbero assaltate?

Perché l’assalitore non si sarebbe diretto verso la porta più grande che dava accesso alla bottega o deposito/magazzino dove, tra l’altro, avrebbe trovato un bottino sicuro?

Tale porta grande sarebbe stata facilmente abbattibile da più uomini anche con un ariete di fortuna (una trave o un tronco di un albero), raggiungendo lo scopo desiderato con un minor sforzo.

Inoltre le porte in questione sono risultate sempre prive di cardini e spessissimo le murature sono realizzate con materiali molto diversi tra loro e ben distinguibili (pezzi di laterizio intervallati da pietre, pezzi di coppo o frammenti di tegole) da accreditare la teoria di ripetute aperture e conseguenti chiusure, operate in tempi brevissimi.

Qualunque sia la storia della “porta del morto”, enigmatico elemento dell’architettura medioevale, essa non fu più costruita dai primi anni del 1400.

Luca Cimarosa