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Il Tenente Giuseppe Mori. Caduto il 2 gennaio 1936 sull’altopiano di Caftà in Africa orientale.

Giuseppe Mori fu un lorese che prese parte alla conquista dell’Africa orientale quale ufficiale osservatore dell’aviazione. Morì in Etiopia a fianco del sottufficiale pilota Mario Vola precipitando con il velivolo incendiatosi dopo essere stato colpito dal nemico. Dopo la morte fu insignito di Medaglia D’Argento al Valor Militare per il suo coraggio e il senso del dovere.

A Loro Piceno, sul monumento ai Caduti delle varie guerre, sotto la data 1936 è inciso il nome del “Tenente Mori Giuseppe”.

La figura del giovane Tenente va inserita nel contesto delle guerre di conquista del 1935/36, anni in cui le forze armate dell’Italia fascista invasero l’Impero di Etiopia: Mussolini voleva ricreare una sorta d’impero romano per controllare una fascia del Mediterraneo espandendo l’influenza coloniale italiana in Africa, già in atto in Eritrea, Somalia, Libia.

La conquista dei nuovi territori doveva servire, nel progetto del Duce, anche ad arginare la forte emigrazione italiana verso l’Estero.

Le colonie sarebbero state popolate da italiani e amministrate sulla base di una separazione razziale. Poiché negli anni Trenta l’Etiopia, amministrata dal negus Hailé Selassié era rimasta uno stato indipendente, Mussolini ne fece l’obbiettivo della sua campagna coloniale, forte dell’ampio consenso di cui godeva. Il consenso aumentò ulteriormente perché il regime fascista impiegò una grande quantità di mezzi propagandistici per rendere ancora più saldo il proprio potere. Sui temi dell’espansione coloniale il Ministero delle Colonie organizzò mostre commerciali, esposizioni etnografiche e manifestazioni politiche. Durante i pubblici dibattiti si voleva inculcare negli italiani l’idea della «inferiorità mentale dei negri». La supposta inferiorità biologica dei “negri” fu al centro della pubblicistica anti-egualitaria; conseguentemente si aprì una lotta contro ogni contaminazione razziale tra la “razza superiore italiana” e le “razze inferiori”.

Questa politica di separazione razziale venne formalizzata, una volta occupata l’Etiopia, con l’emanazione di una legislazione segregazionista nei confronti della popolazione etiope.

Il conflitto, condotto inizialmente da Emilio De Bono, fu poi continuato e concluso dal maresciallo Pietro Badoglio. Per far fronte alla guerra coloniale lo Stato dovette affrontare ingenti spese, tanto che il 18 dicembre 1935 venne indetta la “Giornata della Fede” (o dell’oro), giorno in cui tutti vennero invitati a donare il proprio anello matrimoniale, cioè la “fede”, e altri oggetti d’oro personali.

Nonostante le pesanti sanzioni economiche imposte dalla Società delle Nazioni per l’invasione dell’Etiopia, l’Italia perseverò nel conflitto e il 5 maggio 1936 le truppe italiane entrarono nella capitale Addis Abeba, completando la conquista. Il Negus abbandonò l’Etiopia.

Il 9 maggio 1936 terminò la Guerra e Mussolini proclamò la nascita dell’Impero Italiano e della A.O.I (Africa Orientale Italiana), composta da Eritrea, Somalia ed Etiopia.

Nel complesso, la campagna etiopica fu un successo dell’Italia fascista ai danni di un esercito privo di equipaggiamenti pesanti e armi moderne che però, durante le prime fasi del conflitto, riuscì a contrattaccare l’esercito invasore.

Per piegare la resistenza degli abissini, che continuò anche dopo la conquista, il regime fascista impiegò anche armi chimiche, utilizzando aerei che sganciavano bombe del modello “C. 500 T” contenenti 250 kg di iprite. Gli ordigni esplodevano a circa 250 metri dal suolo cosicché l’iprite, un gas vescicante, potesse irrorare con i suoi effetti terribili, non solo i militari ma, cosa aberrante, anche la popolazione civile. Simili azioni furono abilmente coperte dalla propaganda di regime che, anzi, dichiarò che l’Italia non aveva mai utilizzato metodi odiosi e crudeli. Gli abissini, dal canto loro, per difendersi dall’invasione operarono mutilazioni ai soldati che cadevano in territorio nemico e usarono le pallottole “dum dum” (ossia proiettili ad espansione) che esplodevano all’interno dei corpi, come d’altronde fece l’esercito italiano. Tali munizioni, furono fornite gratuitamente agli Etiopi dalla Francia e dalla Gran Bretagna sebbene fossero vietate dalle convenzioni internazionali di Ginevra.

Successivamente l’Etiopia fu liberata dai britannici con il contributo della resistenza locale; l’imperatore Hailé Selassié tornò sul trono nel 1941, ma la sorte delle ex colonie fu sancita solo con la firma del trattato di pace di Parigi il 10 febbraio 1947: l’articolo 23 impose il ritiro dell’Italia dall’Africa.

In tale contesto storico si inserisce la figura del Tenente Giuseppe Mori, il quale partecipò, appunto, alle campagne per la conquista dell’Africa orientale.

Nacque a Loro Piceno nel 1906 dall’ingegnere Enrico e dalla contessa Isabella Onofri, terzo di sette figli. Trasferitosi con la famiglia a Roma frequentò le scuole medie e in seguito gli studi in ingegneria al Politecnico di Milano. Fu poi attratto dalla carriera militare e prese quindi parte al concorso per l’ammissione alla frequenza presso l’Accademia Militare di Torino. Superò il concorso e ne uscì, nel 1929, con il grado di Tenente di artiglieria. Inizialmente fu destinato a Palermo. Fu poi chiamato alla scuola centrale di artiglieria di Civitavecchia. Frequentò vari corsi di specializzazione a Nettuno, a Roma, a Bracciano ed in ultimo ottenne la qualifica di aviatore osservatore a Cerveteri (l’osservatore era un ufficiale particolarmente addestrato che sapeva “guardare” quanto accadeva nel cielo tra le file nemiche ed affiancava il pilota impegnato nella condotta del velivolo). Ottenuta la qualifica, fece domanda per essere inviato in operazioni di guerra in Africa orientale.

Fu operativo in Eritrea nella zona tra Asmara e Agordat, nella 41° Squadriglia della Regia Aereonautica.

In data 2 gennaio 1936, durante un volo di ricognizione sull’altopiano di Caftà, l’apparecchio sul quale volava venne colpito dal nemico. In seguito all’incendio sviluppatosi, l’apparecchio cadde in territorio nemico, e sia il Tenente osservatore Giuseppe Mori sia il sottufficiale pilota Mario Vola persero così la vita.

Il giorno successivo, 3 gennaio, il “Ministero per la Stampa e Propaganda” diramò il seguente comunicato:

COMUNICATO N. 88.
Il Maresciallo Badoglio telegrafa: “Ieri sul fronte eritreo, nel settore del Tembien e nella zona a sud-est di Macallè, l’attività delle pattuglie in ricognizione è stata intensa. Nuclei nemici sono stati dispersi innanzi alle nostre linee. Nelle varie azioni da parte nostra 6 nazionali e 2 eritrei sono caduti. L’aviazione ha eseguito due azioni di bombardamento: una sulla carovaniera tra Socotà e il Seloà su forti gruppi nemici in movimento verso le nostre linee, e una nella regione di Caftà su un accampamento di armati abissini. Un nostro apparecchio si è incendiato, nel cielo di Caftà. L’equipaggio, composto di un ufficiale osservatore e di un sottufficiale pilota, è deceduto”.(1)

Le onoranze funebri per il caduto furono celebrate in data 7 gennaio 1936, a Loro Piceno, nella chiesa di San Francesco, presenti le autorità politiche e militari.

Nell’archivio storico del comune di Loro Piceno è conservata una foto del giovane Tenente Giuseppe Mori, insignito di Medaglia D’Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione:

“Tenente Giuseppe Mori

Tenente di artiglieria osservatore di aeroplani, partecipava a numerose azioni di guerra rendendo importanti servigi alle truppe e dando prova di sereno coraggio ed alto senso del dovere. Durante un volo di ricognizione sull’altopiano di Cafta si abbassava sull’obiettivo per meglio compiere la sua missione incurante della violenta reazione contraerea. Investito da una raffica di fucileria immolava la vita precipitando con l’apparecchio in fiamme in territorio avversario.

Cielo di Cafta 2 gennaio 1936- XIV “

I quotidiani dell’epoca riportarono la notizia di quanto accaduto. Vengono qui riprodotti alcuni articoli:

Corriere Adriatico – 9 gennaio 1936
Per un eroe concittadino
“Mentre nel nostro paese correva ancora tutto un fremito di omaggio deferente commosso associandosi a quello di tutta Italia verso la memoria del nuovo eroe Tito Minniti, barbaramente trucidato dai protetti di Ginevra, si è appresa la tristissima notizia della tragica morte del giovane ufficiale concittadino Peppino Mori, avvenuta per essersi incendiato nel cielo di Caftà l’apparecchio su cui aveva preso posto quale ufficiale osservatore come al comunicato numero 88.  Il giovane ufficiale, studente di ingegneria, era voluto passare dall’artiglieria all’aeronautica riuscendo inoltre a superare brillantemente gli esami per ufficiale osservatore. Con tale missione era partito tra i primi volontari per l’Africa orientale dove con mirabile entusiastico zelo assolveva al delicatissimo difficile mandato. In questo momento tutti i loresi si stringono con indicibile affetto alla famiglia dell’ingegner Mori esprimendole sensi della più profonda simpatia serbando nel cuore la fulgida figura del suo valoroso Peppino”.

Tribuna – 9 gennaio 1936
 Sangue italiano
 L’eroico aviatore Giuseppe Mori caduto in terra d’Africa
“Abbiamo reso ieri il dovuto omaggio alla memoria dell’eroico aviatore Mario Vola, caduto nel cielo di Caftà il 2 gennaio corrente in seguito all’incendio del suo apparecchio. Con lui moriva gloriosamente il Tenente osservatore Giuseppe Mori di cui con dolore ci occupiamo oggi. L’eroico aviatore è figlio dell’ingegnere Enrico Mori e della Contessa Isabella Onofri che abitano con la famiglia e Roma, Piazza Campitelli 10.

Giuseppe era il terzo di sette figli dell’ingegnere Enrico Mori. Era nipote del defunto Cardinale Mori.
Nacque al Loro Piceno (Macerata) il 6 novembre 1906. Fin da giovanetto nutrì sentimenti di grande patriottismo. A 12 anni solennizzandosi nel suo paese nativo la vittoria, alla fine della guerra mondiale, egli improvvisava in piazza un discorso felicissimo riscuotendo vivissime acclamazioni. All’inizio del quarto anno del Politecnico a Milano, attratto dalla carriera militare, prese parte al concorso per frequentare il corso superiore dell’Accademia Militare di Torino donde uscì nel 1929 col grado di Tenente nell’arma di artiglieria. Destinato a Palermo, dopo breve tempo venne chiamato alla scuola centrale di artiglieria di Civitavecchia. Qui si distinse per i suoi meriti di ottimo ufficiale, partecipò a vari concorsi ippici tra cui alla coppa Caprilli segnalandosi e meritando varie ricompense. Frequentò vari corsi di specializzazione tra cui a Nettuno, a Roma, a Bracciano ed in ultimo quello di osservatore a Cerveteri risultando sempre tra i primi e distinguendosi per le sue doti preclari.
Fece domanda per essere inviato in Africa orientale e insistette ripetutamente perché la sua domanda venisse accolta facendosi anche raccomandare. Partì entusiasta della nostra impresa coloniale e scrisse a parenti ad amici dimostrando sempre un morale elevatissimo e alto spirito patriottico, stralciamo da una lettera inviata alla sorella da Agordat in data 18 dicembre: “Tutto ciò che mi dice circa la raccolta del ferro e dell’oro, è giunta a noi anche attraverso il bollettino, e dimostra chiaramente che ormai il popolo italiano è deciso ad arrivare sino in fondo. Ciò è per noi di grande sollievo, perché venire a patti oggi dopo tutti i sacrifici compiuti, sarebbe troncare in pieno le più fervide speranze nostre. Del resto, i sacrifici che vi imponete sono pienamente ricompensati dall’entusiasmo e dalla decisione di vincere che regna fra noi ufficiali e soldati”.
Un suo fratello frequenta il Corso Allievi ufficiali a Brà. Alla famiglia sono giunte commosse parole di condoglianze da parte di S.E. il generale Valle, del prefetto e del segretario Federale di Macerata, del segretario Federale dell’Urbe e del gruppo rionale Campitelli che ha inviato una rappresentanza di camerati alla casa dell’istinto per porgere espressioni di cordoglio alla famiglia. Hanno Inoltre telegrafato numerose personalità amici e conoscenti”.

Avvenire d’Italia – 14 gennaio 1936
Loro Piceno
Glorioso caduto per la Patria

“Profonda impressione ed alto orgoglio ha suscitato in questo paese la notizia della gloriosa morte del Tenente Giuseppe Mori, in seguito all’incendio del nostro apparecchio, precipitato nel cielo di Caftà, quello di cui parlava il comunicato numero 88. Il Tenente Mori, terzo di sette figli, era nato il 6 novembre 1906 a Loro Piceno e fin da ragazzo aveva mostrato spiccate attitudini alla vita militare e nobili sentimenti di vivo patriottismo. Dopo aver frequentato lodevolmente le scuole medie, all’inizio del quarto anno del Politecnico a Milano, prese parte al concorso per frequentare il corso Superiore dell’Accademia Militare di Torino, donde uscì nel 1929 col grado di Tenente d’artiglieria. Destinato a Palermo, dopo breve tempo venne chiamato alla scuola centrale di artiglieria a Civitavecchia. Qui si distinse per le sue ottime qualità di ufficiale e per il suo alto senso della disciplina e del dovere. Frequentò vari corsi di specializzazione tra cui a Nettuno, a Roma, a Bracciano e in ultimo quello di osservatore a Cerveteri, risultante sempre tra i primi e distinguendosi per le sue ottime doti. Entusiasta della nostra impresa in Africa orientale, presentò domanda di volontario ed insistette ripetutamente perché la sua domanda venisse accolta, facendosi anche raccomandare. Nelle sue lettere ai parenti ed amici dimostrò un morale elevatissimo ed alto spirito patriottico. un esempio: in data 18 dicembre ultimo scorso, scriveva alla sorella dal campo di Agordat : “Tutto ciò che mi dice circa la raccolta del ferro e dell’oro, è giunta a noi anche attraverso il bollettino, e dimostra chiaramente che ormai il popolo italiano è deciso ad arrivare sino in fondo. ciò è per noi di grande sollievo, perché venire a patti oggi dopo tutti i sacrifici compiuti, sarebbe troncare in pieno le più fervide speranze nostre. Del resto, i sacrifici che vi imponete sono pienamente ricompensati dall’entusiasmo e dalla decisione di vincere che regna fra noi ufficiali e soldati”.
Alla famiglia del glorioso caduto sono pervenute condoglianze commosse dal Generale Valle, dal Prefetto, dal Federale di Macerata e dal comune natio. E’ noto che il Cardinal Mori, deceduto nel settembre del 1934, era lo zio del valoroso estinto”.

Il popolo di Brescia – 19 gennaio 1936
L’intestazione di un’aula della scuola Camillo Ugoni ad un valoroso caduto in Africa Orientale.
“Come era stato annunciato, ieri, con solenne rito, nella scuola che si orna del nome del grande Carbonaro bresciano, Camillo Ugoni ad un’aula scolastica, ove assai lodevolmente insegnò per un quarto di secolo il maestro Filippo Onofri, è stato imposto il nome del Tenente osservatore Giuseppe Mori, caduto il giorno 2 del corrente mese nel cielo di Caftà nell’Africa orientale.
 Era nipote del suddetto insegnante, aveva reiteratamente insistito di essere inviato come volontario sul campo della gloria e cadde insieme all’eroico aviatore Mario Vola, mentre con animo intrepido guidava ben 15 apparecchi da bombardamento sulle masse nemiche.
Alla cerimonia, quanto mai suggestiva, erano presenti oltre alle rappresentanze delle autorità, scolaresche, insegnanti e genitori abitanti nell’attiguo rione cittadino, nonché disciplinatissime squadre di balilla e di figli della lupa comandati dai loro rispettivi centurioni.
Gli alunni schierati cantarono con garbo gli inni della Patria e del fascismo. Alcuni di essi con impeccabile dizione recitarono versi e messaggi di saluto, di gloria e di celebrazione alla memoria resa ormai sacra dall’eroico Caduto. Il direttore didattico del quinto circolo signor Biloni tra la commozione generale, illustrò il significato del rito volto ad onorare un valoroso combattente ed un valentissimo insegnante. Additò ai giovani il nobilissimo esempio d’amore patrio, che Brescia, madre di eroi mai scorderà, invitando ognuno a ravvivare la fede nei fulgidi destini della Patria per un immancabile trionfo delle Armi nostre.
Il cavalier Biloni lesse poi una lettera, densa di sentimenti patriottici, del maestro Onofri che ha voluto onorare la memoria del nipote scomparso, devolvendo lire 1000 a beneficio degli alunni più bisognosi della scuola.
 Alla fine parlò lo stesso maestro Onofri, che dopo aver ringraziato per l’omaggio reso alla memoria del caduto, ebbe parole di incitamento per gli scolari ad amare la Patria e ad essere degni del sacrificio compiuto dei fratelli maggiori per l’avvenire e la grandezza della nostra Italia. Dopo la deposizione di fiori davanti al quadro del Tenente Mori collocato nell’aula, gli scolari hanno intonato gli inni della Patria e quindi la cerimonia ha avuto termine con il saluto al Re e al Duce”.

La Tribuna – 24 gennaio 1936
Loro Piceno all’eroico suo figlio Tenente Giuseppe Mori
“Martedì ultimo scorso nella chiesa comunale di San Francesco sono state rese solenni onoranze funebri al valoroso scomparso Tenente Giuseppe Mori.
Sono intervenuti alla cerimonia il prefetto, il segretario federale, il vice federale, l’onorevole Anitori, il colonnello dei R.R.C.C , Il Console della milizia, il presidente provinciale O.N.B. , il presidente Provinciale orfani di guerra, il Podestà di San Ginesio, il capitano Cascella, il capitano Bonservizi, i segretari dei fasci con rappresentanza di San Ginesio e di Urbisaglia.
Della famiglia del valoroso caduto erano presenti: il fratello Milton e la sorella Marisa, i cugini dottor Luigi Mori e consorte, signora Eulalia, la contessina Onofri Flora ed Aurora, il Conte Luigi Onofri, lo zio Conte Vincenzo Onofri, le zie Contessa Cesarina Onofri, signora Cascella signora Maria Mori ed altri familiari.
All’ingresso del paese le alte autorità della provincia furono ricevute ed ossequiate dal Podestà e dal segretario del fascio. Quindi le autorità immediatamente si recarono in Piazza Umberto I dove erano perfettamente schierate tutte le organizzazioni del regime con bandiere e gagliardetti.
Il Prefetto, il Federale, e le altre autorità dopo aver reso omaggio alla lapide dei Caduti si recarono nella chiesa di San Francesco, seguiti dal numeroso corteo formato dal fascio giovanile combattenti e l’associazione d’arma, balilla e figli della lupa, avanguardisti, piccole italiane, giovani italiani, fascio di combattimento, fascio femminile, massaie rurali, giovani fasciste, dopolavoristi, ed organizzazioni sindacali, scuole con i rispettivi insegnanti, asilo infantile, enti ed associazione e numerosi cittadini.
Quivi ebbe luogo la solenne funzione religiosa, al termine della quale il Prefetto e il Federale rinnovarono alla famiglia del Caduto le loro condoglianze con parole di fede e di conforto. Dopo la cerimonia religiosa le autorità si recarono a deporre corone di alloro sulle lapidi dei Caduti della Grande Guerra e dei Caduti di Adua del 1896. Avanti la lapide il segretario federale fece l’appello del valoroso Camerata scomparso.
La cerimonia ebbe termine col saluto al Duce”.

C’è grato di pubblicare la lettera inviata dai commilitoni del Tenente Mori alla mamma.

Barentu 4 gennaio 1936
Cara signora, noi siamo i compagni del suo figliolo, e ci sentiamo vicini a lei perché il suo dolore è il nostro stesso dolore.
Egli le voleva tanto bene, Signora, e ci parlava di lei e della sua famiglia spesso, tanto che noi, attraverso le sue parole avevamo imparato a conoscere ed amare questa mamma lontana e così buona.
Abbiamo pianto tanto per lui che era il nostro compagno più caro, ma tanto anche per lei che è la sua mamma e preghiamo il Signore perché voglia con queste nostre parole portarle un conforto.
Il suo Giuseppe era il più bravo di tutti, e noi ora abbiamo chiesto che il nostro aeroporto si intitoli al suo nome: egli era il più buono e noi le chiediamo una immagine di lui, l’immagine del nostro fratello scomparso che cementi in noi legami di fratellanza che già ci uniscono; egli era il più valoroso e il suo sacrificio Signora è stato subito vendicato con lo spietato accanimento che la disperazione e il dolore ci avevano fatto nascere nel cuore.
Ora nel nostro cuore egli vive come una luce, una luce chiara che ci guiderà al bene.
Permetta Signora che tutti noi l’abbracciamo con l’affetto di lui.
Capitano Carlo Romagnoli, Giovanni Bianconi, Giuseppe Della Rovere, Antonio Poca, Mario Venerandi, Enzo Salvini, Emanuele Stolfi, Mario Giuliano, Enzo Guzzardi”.

Inaugurazione del dopo lavoro al Tenente Giuseppe Mori
Ieri il Federale si è recato in Loro Piceno per inaugurare in contrada Appezzana il settore del dopo lavoro al Tenente Giuseppe Mori. Erano presenti alla cerimonia le autorità locali, i dirigenti delle varie organizzazioni del regime, il fascio giovanile al completo perfettamente inquadrato, i balilla e gli alunni della scuola della Contrada e larga parte della popolazione rurale.
E’ intervenuto in rappresentanza della famiglia il dottor Luigi Mori, valoroso ex combattente medaglia d’argento, cugino dell’eroico concittadino caduto in Africa orientale al cui nome è stato dedicato il settore.
Il Federale con opportune parole ha messo in rilievo le finalità della istituzione dopo lavoristica rurale, soffermandosi anche sulla situazione del momento attuale. Quindi ha consegnato le tessere ai nuovi dopo lavoristi e alle massaie rurali. Hanno salutato le parole del gerarca della provincia prolungati e ripetuti applausi. Il Federale dopo essersi congratulato col segretario del Fascio, Fusari Umberto si è intrattenuto a lungo unitamente al Podestà coi contadini del luogo, interessandosi affabilmente sulle necessità locali. La manifestazione ha avuto termine al canto degli inni patriottici e con poderosi alalà all’indirizzo del Re, del Duce e della Patria”.

Foglio d’ordini – 13 gennaio 1936
Un giovane comprovinciale nel cielo di Caftà
“Il comunicato numero 88 pubblicato dal ministero della stampa e propaganda il 5 corrente recava tra l’altro:
“un nostro apparecchio si è incendiato nel cielo di  Caftà.  l’equipaggio composto da un ufficiale osservatore e da un sottufficiale pilota è deceduto.”
L’ufficiale osservatore è della nostra provincia, il Tenente Giuseppe Mori, nato il 3 novembre 1906, che entusiasta dell’impresa coloniale, partì volontario per l’Africa orientale.
 Le CCNN Maceratesi piegano i loro gagliardetti avanti al loro eroe, sicure che gli avieri d’Italia trarranno un nuovo motivo per volare sempre più in alto sulla terra dove dovrà essere definitivamente e gloriosamente piantato il nostro tricolore.
La famiglia del Tenente Mori ha così scritto al segretario federale della nostra provincia:
“il commosso saluto delle camicie nere della provincia è giunto assai gradito alla mia famiglia in questa ora di grande dolore che è solo lenito dalla certezza che esso avrà contribuito alla definitiva Vittoria delle nostre armi. Accorda V. S. On  i miei vivi ringraziamenti.  Devotissimo Enrico Mori”.

Il lutto a Loro Piceno paese natio del Tenente Mori
“Mentre nel nostro paese correva ancora tutto il fremito di omaggio deferente commosso che era quello di tutta Italia verso la memoria del nuovo eroe Tito Minniti, barbaramente trucidato dai protetti di Ginevra, veniva appresa la tristissima notizia della tragica morte del giovane concittadino Peppino Mori, avvenuto in seguito all’incendio, nel cielo di Caftà, dell’apparecchio pilotato dal Sergente Mario Vela, romano, sul quale il Mori aveva preso il suo posto di ufficiale osservatore. Egli, ufficiale di artiglieria, aveva superato brillantemente un corso di specializzazione per poi chiedere insistentemente con senso di squisito patriottismo, di essere destinato in Africa orientale ove appunto si distingueva per ardimentoso zelo, assolvendo sempre il suo delicato e difficile compito.
Alla famiglia Mori sono pervenute condoglianze dal Generale Valle, da S. E.  il Prefetto Dinale e dal nostro Segretario Federale nonché da questo Podestà e da innumerevoli persone che, conoscendo le rare doti dell’eroico ufficiale, hanno voluto manifestare tutta la loro commossa devota ammirazione.
In questo momento tutti i loresi con fiero orgoglio si stringono vivamente alla famiglia del valoroso Caduto esprimendole i sensi della più profonda simpatia”.

Corriere Adriatico – gennaio 1936
Eroi d’Africa
Il Tenente Giuseppe Mori
Roma, 8 notte

“In seguito all’incendio del nostro apparecchio precipitato nel cielo di Cafta, quello cui accennava il comunicato numero 88 del Ministero della Stampa e Propaganda, perdevano la vita il sergente pilota Mario Vola e il Tenente osservatore Giuseppe Mori.
Il Tenente Mori era nativo di Loro Piceno in provincia di Macerata, ma era romano di elezione difatti la sua famiglia risiede da molti anni nella nostra città in Piazza Campitelli 10.
Il glorioso caduto era il terzo di sette figli, nato il 3 novembre 1906 al Loro Piceno in provincia di Macerata, aveva sin da ragazzo mostrato nobilissimi sentimenti di vivo patriottismo.
Dopo aver lodevolmente frequentato le scuole secondarie all’inizio del quarto anno del Politecnico a Milano, attratto dalla carriera militare, prese parte al concorso per frequentare il corso superiore dell’Accademia Militare di Torino donde uscì nel 1929 col grado di Tenente nell’arma di artiglieria. Destinato a Palermo dopo breve tempo venne chiamato alla scuola centrale di artiglieria di Civitavecchia, qui si distinse per i suoi meriti di ottimo ufficiale.
Frequentò vari corsi di specializzazione tra cui a Nettuno, a Roma, a Bracciano ed in ultimo quello di osservatore a Cerveteri, risultando sempre tra i primi e distinguendosi per le sue ottime doti.
Fece domanda di essere inviato in Africa orientale e insistette ripetutamente perché la sua domanda venisse accolta facendosi anche raccomandare. Partì entusiasta della nostra impresa coloniale e scrisse a parenti ed amici dimostrando sempre un morale elevatissimo e alto spirito patriottico.
Il cardinale Mori, deceduto nel settembre del 1934 era lo zio del valoroso defunto.
Alla famiglia del Mori che ha accolto con virile dolore la notizia della perdita del proprio caro sono pervenute commosse condoglianze dal Generale Valle, dal prefetto, dal Federale di Macerata e dal comune nativo.

Ecco i testi dei telegrammi:
“Prego accogliere sentite condoglianze Regia Aeronautica e mie personali. Generale Valle.”

“Invio vivissime condoglianze comparsa Glorioso aviatore. Prefetto Dinale di Macerata”.“Camicie nere provincia piegano loro gagliardetti su un nuovo eroe caduto e invialo con me vivissime condoglianze. Federale Ricottini (Macerata)“.

Giornale Campitelli Roma – gennaio 1936
Giuseppe Mori
“Il destino di gloria e di morte, compiutosi nel cielo di Cafta, dove un nostro apparecchio di ricognizione si incendiò provocando l’olocausto del pilota e dell’osservatore, ha voluto a Roma accomunare nello stesso fiero cordoglio la famiglia dei due gloriosi Caduti dell’Africa Orientale.
Come per il sergente pilota Viola, anche la famiglia del Tenente osservatore Giuseppe Mori, risiede nella nostra città in Piazza Campitelli al numero 10.
Giuseppe, figlio di Enrico, era il terzo di sette figli nato il 6 novembre 1906 a Loro Piceno in provincia di Macerata, aveva mostrato fin da ragazzo nobilissimi sentimenti di vivo patriottismo.
Dopo aver frequentato lodevolmente le scuole secondarie, all’inizio del quarto anno del Politecnico a Milano, attratto dalla carriera militare, prese parte al concorso per frequentare il corso superiore dell’Accademia Militare di Torino donde uscì nel 1929 con il grado di Tenente dell’arma di artiglieria. Destinato a Palermo, dopo breve tempo venne chiamato alla scuola centrale di Civitavecchia, qui si distinse per i suoi meriti di ottimo ufficiale. Frequentò vari corsi di specializzazione tra cui a Nettuno, a Roma, a Bracciano e in ultimo quello di osservatore a Cerveteri, risultando sempre tra i primi e distinguendosi per le sue ottime doti.
Fece domanda per essere inviato in Africa orientale e insistette ripetutamente perché la sua domanda venisse accolta facendosi anche raccomandare. Partì entusiasta della nostra impresa coloniale e scrisse a parenti ed amici dimostrando sempre un morale elevatissimo e alto spirito patriottico.
La famiglia Mori che ha accolto con virile dolore la notizia della morte del proprio caro, ha ricevuto commosse parole di condoglianze da parte del generale Valle e di numerose altre personalità.
Aggiungiamo le nostre vibranti espressioni di rimpianto salutando fascisticamente la memoria del Tenente Giuseppe Mori”.

La Stampa della Sera di Torino – di mercoledì/giovedì, 8/9 gennaio 1936
Il Tenente Mori
Roma, mercoledì sera.

“Il 2 gennaio u. s., in seguito all’incendio di un nostro apparecchio nel cielo di Caftà, perdevano la vita il sergente pilota Mario Vola, la cui famiglia, come è noto, abita a Roma, e il tenente osservatore Giuseppe Mori, nativo di Loreto Piceno, che risiedeva però con la famiglia nella nostra città. Il glorioso Caduto era il terzo di sette figli della famiglia Mori. Uscito nel 1929 dall’Accademia Militare di Torino col grado di tenente di artiglieria, veniva destinato a Palermo, e dopo breve tempo chiamato alla Scuola Centrale di Civitavecchia. Giovanissimo ufficiale — era nato nel 1906 — all’inizio delle operazioni fece domanda insistente per essere inviato in Africa Orientale”.…(2)

La Stampa della Sera di Torino – di martedì/mercoledì, 7/8/ gennaio 1936
Il fratello di un caduto si arruola per l’A.O.
Roma, martedì sera

Il Fascismo romano ha appreso con fiero cordoglio la notizia che il sottufficiale caduto in seguito all’incendio di un nostro apparecchio nel cielo di Caftà è il sergente pilota Mario Vola, la cui famiglia abita in Roma in via Leonardo da Vinci. Avuta la comunicazione ufficiale della morte, il fratello del Caduto, il fascista Alfredo Vola, si è recato al proprio Gruppo Rionale Esquilino, di cui anche il Caduto faceva parte, chiedendo di essere mobilitato per l’A. O. Le Camicie Nere del Gruppo Esquilino, tra le quali è vivo il ricordo dell’eroico Caduto, hanno manifestato alla famiglia Vola i sensi delle più cameratesche condoglianze. Il Segretario Federale ha espresso alla famiglia del Caduto il solidale sentimento che lega in quest’ora il Fascismo romano ai congiunti dell’eroico camerata: Mario Vola, partito volontario, aveva 21 anni. Dall’inizio della campagna africana aveva partecipato a tutte le azioni della sua squadriglia e nelle lettere dirette alla famiglia, vibranti di amor patrio, aveva sempre espresso la sua gioia e il suo orgoglio di combattere per la grandezza d’Italia e la più balda fede nella vittoria.(3)


Note:

(1) http://www.regioesercito.it/campagne/etiopia/comunmsp4.htm

Libro di R. Sabbatini, “La nostra guerra in A.O. – Cronache delle operazioni belliche”, Edizioni S.A.C.S.E., Milano, 1936 e da “Cronache illustrate dell’azione italiana in A.O.”, Tuminelli e C. Editori, Roma, 1936

(2) http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1622_02_1936_0007_0001_22462063/

(3) http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1622_02_1936_0006_0001_22461792/