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Gustavo Latini. Scultore antifascista

Gustavo Latini, originario di Mogliano, è stato scultore e marmista lapicida. Dopo il delitto Matteotti si trasferì in Francia e fu a lungo sorvegliato in quanto antifascista. Dal secondo dopoguerra fino alla morte visse e operò a Loro Piceno, dove è sepolto.

Alfonso Aroldo Gustavo Latini, nacque a Mogliano il 9 gennaio 1885 e morì il 15 novembre 1967 a Loro Piceno, dove visse e lavorò dal secondo dopoguerra e nel cui cimitero è sepolto. Il padre Ettore, ebanista nato nel 1852, e la madre Giuditta Mattiangeli, nata nel 1861, erano di Mogliano. La casata Latini, di cui si possono ricostruire, nelle sue varie ramificazioni, ascendenze che risalgono al secolo XVII, era di origine borghese.

Il 6 luglio 1943, a Fiuminata, Gustavo sposò Maria Ferroni (1919-2003) da cui ebbe Otello (1948-1986). Con il matrimonio venne legittimato Antonio (1940-1985), figlio naturale di Maria. L’incontro tra i due avvenne probabilmente presso Villa Anitori a Loro Piceno, dove Maria prestava servizio come domestica e dove Gustavo fu chiamato ad abbellire la cappellina di famiglia.

I suoi due nipoti, Lara e Diego, figli di Otello, vivono attualmente a Loro Piceno.

Gustavo esercitò la professione di scultore e marmista-lapicida, qualificandosi spesso come scultore architetto. Sulla sua lapide tombale al cimitero di Loro Piceno è inciso il titolo di professore.

Nel 1916 fu richiamato alle armi e partecipò alla Prima Guerra Mondiale nel 3° Reggimento del Genio Telegrafisti e fu iscritto all’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci.

Nell’immediato dopoguerra operò attivamente sia nelle Marche che in Trentino come progettista per la costruzione di monumenti in onore dei caduti.

Il suo nome risulta iscritto al Casellario Politico Centrale presso l’Archivio di Stato di Roma. Dai documenti, presenti nel corposo fascicolo che lo riguarda, si può ricostruire in parte la sua biografia tra gli anni ’20 e ’30.

Dopo il delitto Matteotti fu considerato antifascista. Così scrive nel 1928 la Regia Prefettura di Macerata in una nota indirizzata al Ministero dell’Interno e per conoscenza al Console d’Italia a Parigi(1), dove Latini era emigrato, riguardo alla richiesta dello stesso per il rilascio del passaporto:

“Dalle informazioni assunte sul conto del Latini è risultato che dal 1920 al 1922 fu un fervente fascista. Verso la fine del 1922 emigrò in Francia, donde rimpatriò nel 1925. Si dimostrò subito avverso al Regime e tale avversione mostrò maggiormente durante lo svolgimento del processo Matteotti. Si vuole anzi che in detta epoca fosse in possesso di una lettera di sovversivi, relativa al processo stesso, firmata anche dalla vedova Matteotti…omissis…

“Dopo ciò, vistosi scoperto, verso il maggio del 1926 ritornò in Francia. Si ignora a quale partito egli appartiene. In ogni modo, date le sue idee antifasciste, questo Ufficio non ritiene di dover concedere il nulla osta pel rilascio del passaporto, a meno che questo non venga rilasciato unicamente pel ritorno in Italia e pel tempo strettamente necessario al ritorno stesso…”

Si descrivono poi i connotati con foto tessera e si aggiunge che ha molta ricercatezza nel vestire e nella cura della persona. Sotto la voce colore politico è stampato: Comunista.

Dall’esame degli altri numerosi documenti presenti nell’Archivio di Stato risulta che lavorò come scultore in Francia. A Parigi cambiò diverse volte residenza e mantenne rapporti epistolari frequenti con i suoi parenti di Mogliano, specie con il fratello Otello (1883-1944) dal quale ricevette aiuti economici per poter far fronte alla sua difficile condizione di esule. In una lettera del 1931, indirizzatagli appunto da Otello, si viene a conoscenza del suo trasferimento, con la qualifica di scultore, presso il Cimitero Americano di Romagne sous Montfaucon nel Dipartimento della Meuse, nel nord della Francia, molto lontano da Parigi, che con le sue 14.246 tombe è il più grande Cimitero Americano in Francia della Prima Guerra Mondiale.

Gustavo era obbligato dalla prefettura a comunicare immediatamente ogni cambio di indirizzo. Rimpatriò molte volte per brevi periodi ma, nel corso delle numerose perquisizioni cui fu sottoposto ad ogni passaggio di confine, non si ebbero mai riscontri di una sua militanza politica attiva. A testimonianza della sua fede antifascista si ritiene degno di nota il fatto di aver conservato per tutta la vita un articolo a firma di Pietro Nenni, pubblicato in prima pagina dal quotidiano francese Paris-Soir del 13 giugno 1925(2), in cui ben si descrive lo scivolamento in Italia verso la dittatura fascista e l’accelerazione di questo processo dopo il delitto Matteotti, che Nenni definisce “crimine di regime”.

Nel 1938, in Francia, per motivi di lavoro, Latini fece domanda di iscrizione al fascio locale, il che gli permise di ottenere nel 1939 un passaporto valevole per un anno sia per la Francia che per la Gran Bretagna. Non si hanno tracce della sua presenza in Gran Bretagna. Non si conosce la data esatta del definitivo ritorno in Italia, che presumibilmente avvenne nel 1940.

Percorso artistico professionale

Nella sua abbondante produzione artistica si possono individuare tre distinte fasi: il primo dopoguerra, il periodo della permanenza in Francia e il secondo dopoguerra.

Il periodo del primo dopoguerra è caratterizzato da opere e progetti in onore dei caduti della Prima Guerra Mondiale tra cui degni di menzione sono:

  1. monumento ai caduti nel Comune di Mogliano del 1920;
  2. monumento ai caduti di Sant’Elpidio a Mare in piazza Guglielmo Marconi, inaugurato nel 1923 (documenti presenti nell’archivio del Comune di S. Elpidio a Mare);
  3. progetti e bozzetti per monumenti ai caduti della Grande Guerra nelle località di Pinzolo, Storo e Daone in Trentino Alto Adige;
  4. stele-prototipo in cemento per il Parco della Rimembranza di Loro Piceno, custodita oggi presso il Museo delle Due Guerre Mondiali(3) a Loro Piceno. La stele si trovava nei pressi dell’abitazione del cementista Antonio Sancricca (1880-1965) con il quale Gustavo collaborò attivamente anche nel secondo dopoguerra;
  5. monumento eretto negli anni ’20 in memoria del benefattore Adriano Adriani, nel cimitero di Mogliano
  6. urna funeraria in marmo per la cappella cimiteriale di Antonio Pavoni a Sant’Elpidio a Mare, sulla quale è apposta la sua firma.

Del periodo francese non si hanno riscontri riguardo le opere realizzate. Interessante sarebbe conoscere l’attività che svolse come scultore presso il Cimitero degli Americani della Prima Guerra Mondiale a Mountfaucon.

La produzione artistica del secondo dopoguerra vede:

  1. a  Sant’Angelo in Pontano, la statua bronzea di San Nicola del 1955, fusa dalla ditta Perego di Milano e lo stemma cementizio di San Michele apposto sul cornicione del municipio;
  2. a Mogliano i monumenti funebri della giovane Delia Procaccini e di Francesco Seri;
  3. a Loro Piceno, con la collaborazione del cementista Antonio Sancricca, realizzò lo stemma dei Conti Bernetti, presente a tutt’oggi nel salone di rappresentanza dell’omonimo palazzo e quello apposto all’esterno della ditta di confezioni in pelle Ridolfi & Bolognini. Adornò inoltre di stucchi la cappellina di San Michele annessa a Villa Anitori.

Gran parte della sua attività in vecchiaia fu quella di lapicida per le tombe cimiteriali, molte delle quali scolpite mirabilmente e firmate “G.LATINI”. Sempre in tarda età plasmò per diletto il busto in gesso, in stile neoclassico-verista, del figlio Otello giovinetto, oggi di proprietà del nipote Diego. L’altra figlia di Otello, Lara, possiede molti disegni e documenti del nonno, gentilmente messi a disposizione per la consultazione.

Informazioni e foto: Mario Mastrocola


Note:

(1) Archivio Centrale di Stato busta 2729, ID 1773

(2) PARIS-SOIR 13 juin 1925: in calce la traduzione integrale del testo a firma di Pietro Nenni.

“L’Italia sotto il terrore
Ad oggi e in apparenza, la dittatura fascista sembra più solida che mai. Il crimine (crimine di regime di cui questo regime è responsabile e dovrà rispondere) e il sollevamento immediato della coscienza popolare sono sembrati, un anno fa, dover interrompere la marcia trionfale del fascismo.
Per sei mesi si è creduto che il fascismo si sfaldasse alle sue basi. Era il periodo in cui Mussolini recitava a Montecitorio e al Senato la commedia del Pacificatore tradito dai suoi collaboratori più intimi, prometteva giustizia a tutti, contro tutti, e sacrificava i Rossi, Finzi e De Bono.
D’altronde, non c’era altro mezzo per superare la crisi. Ma quando fu persuaso di poter deviare il corso della giustizia, di dominare il Senato, di avere l’aiuto cieco delle camicie nere, egli trovò il coraggio di pronunciare il discorso del 3 gennaio; dichiarò che se il fascismo era una associazione criminale, egli si vantava di esserne il capo. Sei mesi prima, avrebbe pagato questo discorso con la perdita del potere. Il 3 gennaio egli rinforzò la sua autorità ma, a partire da quel momento, Mussolini e il suo governo divennero prigionieri delle camicie nere estremiste alle quali essi devono il potere. Isolato tra tutti i partiti politici, essendo il fascismo come un grande esercito accerchiato, Mussolini non ha trovato altra uscita che in un aggravamento della dittatura.
Nelle ultime settimane egli ha abbattuto definitivamente lo Stato legale e costituzionale e, attraverso una serie di leggi, che sono già state approvate dalla maggioranza della Camera, ha gettato le basi di uno Stato poliziesco.
Sappiamo in cosa consistono queste nuove leggi: abolizione totale della libertà di stampa che è sottomessa all’approvazione del potere esecutivo; abolizione dei diritti di riunione e di associazione.
Con la legge Rocco sulle associazioni, un prefetto può avere in due giorni le liste di qualsiasi associazione politica o sindacale e sciogliere una associazione se gli piace.
Altre leggi dello stesso genere sono in preparazione. Una di queste leggi accorda al potere esecutivo, cioè al governo, la facoltà di applicare delle norme quando si tratta di difendere l’ordine pubblico.
Non c’è più Parlamento, non c’è più potere legislativo e il governo può fare ciò che vuole. Come se ciò non bastasse, Mussolini ha chiesto la licenza di epurare la burocrazia, cioè di cacciare dal Consiglio di Stato, dai Ministeri, dalla Magistratura e dall’Università tutti i non fascisti.
Resta l’Aventino, l’opposizione che attua lo sciopero parlamentare. A questo riguardo regnano all’estero delle opinioni errate, alimentate dai nostri malintesi interni. L’Aventino non era, non doveva essere una tattica parlamentare. Era una posizione morale, una proclamazione d’incompatibilità tra il crimine e il diritto. Purtroppo, alcuni dei gruppi che lo hanno attuato, lo interpretano come una tattica puramente parlamentare e da ciò derivano le discussioni di oggi su questo punto: la secessione deve o no essere prolungata?
Si ​spostano, in questo modo i termini del dibattito. La constatazione che si deve fare è la seguente: una battaglia è terminata un’altra comincia. La battaglia finale che in apparenza è persa è quella che è stata intrapresa per le libertà costituzionali e parlamentari. Questa battaglia esigeva da parte dei poteri supremi dello Stato una resistenza al fascismo che non si è verificata. Esigeva che il re avesse coscienza dei diritti e dei doveri che gli imponevano la sua funzione di garante della Carta costituzionale.
Inoltre, questa battaglia comportava il ricorso ai mezzi legali. Ma oggi, la monarchia è fascista e, il colmo dell’ironia, il giubileo di Vittorio Emanuele III è coinciso con la festa dello Statuto: è stato celebrato nel momento in cui il fascismo aboliva lo Stato parlamentare e costituzionale.
Non è più possibile servirsi dei mezzi legali. Se voi consultate oggi il suffragio universale, in pieno terrore fascista, vi risponderà: Mussolini si comporta allo stesso modo di Napoleone in Francia tre quarti di secolo fa.
La Dittatura si mantiene con il terrore, appoggiandosi sull’illegalità fascista che è in piena azione sullo Stato e sulla polizia. Le ultime azioni fasciste sono molto eloquenti. I fascisti hanno lasciato dietro di loro una serie di vittime e di odi. Ora l’odio chiama l’odio e il sangue chiama sangue. Succede talvolta quindi che ci siano vittime anche tra i fascisti. Allora le squadre fasciste si mobilitano immediatamente.
A Adria, nei giorni scorsi, i fascisti hanno eseguito, per proprio conto, due sentenze di morte. Nessuno li ferma, nessuno li disturba. Possono fare ciò che vogliono, ecco come è governata l’Italia.
Ma noi non siamo né vinti né domi e come la Francia ha sconfitto la vergogna del Secondo Impero. Allo stesso modo noi ci risolleveremo dalla vergogna del fascismo. Quando? Non si può dire.
In ogni caso, è certo che in Italia stanno crescendo delle forze proletarie, delle energie intellettuali e morali che, presto o tardi, diventeranno fattori materiali di potenza. Noi ci consoliamo delle tristezze attuali guardando, come il vostro grande Victor Hugo, verso giorni futuri splendidi che dovranno necessariamente nascere”.

(3) Museo civico allestito con vasto materiale documentario messo a disposizione della comunità da Luca Cimarosa, appassionato collezionista lorese